LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Luciano Tricarico
|
|||
Peregrina stella la sera il capo stancamente posi sul cuscino di sasso, lenendo il tuo male in un riposo di sabbia, passeggera del treno che sosta in stazioni dall’acre sentore di muffa e stantio di chi la speranza ha perduto nel viaggio, dimmi, perché non risplendi, le stelle altro non fanno; l’universo è un infinito di sogni che la luce percorre senza porsi mai il limite di rimbalzo in rimbalzo da pianeta a pianeta cercando con ansia il trampolino migliore, credi di avere lo stesso diritto dell’elementare lanterna che lenta consuma il suo senno? La letale slavina travolge incurante l’incosciente sciatore ed il candido manto non prova rimorso, l’oceano pretende il tributo di vite serrando caviglie che tanto anelano il volo; allora mio piccolo astro, che solchi la terra intrisa dal sangue di mille ferite che pieghi il tuo fusto di canna palustre, lascia paziente il maestrale chetarsi che la polvere torni alla polvere, librando le ali di tulle al settimo cielo nel desiderio di vette celesti, cogli il frutto proibito. L’amore mia stella cadente, pulsa da distanze infinite sbocciando i fiori di prato da un caldo sospiro, alla sconfitta rinasce sempre un’ inizio; nella fiera tempesta il fascio del faro traghetta vascelli di mori mercanti al porto dei vivi ove lo specchio è increspato di minuscole stelle cadute dal cielo, splendidamente eterne, regine lucenti di un nuovo universo.
|
|